Psicoterapia Ipnotica Ericksoniana

Vengono qui spiegati i presupposti e le linee guida dell’approccio ipnotico ericksoniano.

L’ipnosi clinica e quella Ericksoniana non è una pratica arcana derivata da complesse astrazioni o nozioni mistiche, nè affonda la sua efficacia sulla spettacolarizzazione e le credenze magico-ritualistiche.

I principi e le procedure che noi usiamo in ipnositerapia traggono origine dall’osservazione attenta e diretta delle persone, dei diversi tipi di terapie e dalla natura della trance stessa.

Riportiamo di seguito i 7 presupposti dell’orientamento Ericksoniano

Il dolore è il sintomo primario

Il dolore è ciò che motiva il cliente a cercare la terapia

Tutti i pazienti che si avvicinano ad una terapia hanno un problema.

E’ importante saper riconoscere “quel” problema, lo stesso problema che interessa tutti i pazienti, sia esso dolore, ansia, fobia, insonnia, ecc.. .

Ogni problema è infatti carico di pensieri e sensazioni dolorose provate soggettivamente dal paziente, può accadere che il paziente lo definisca ansia in un momento della terapia e che poi lo ridefinisca come una fobia, quel che è assolutamente importante che si sappia riconoscere il carico emotivo di quanto ci viene riferito.

Altre volte è possibile che si possa pensare di vedere una linea comune nell’identità dei problemi portati dai pazienti.

La cosa più importante è, prima di tutto, accettare queste sensazioni e dare al paziente una qualche forma di conforto.

E una delle prime cose che davvero deve esser fatta è permettere al paziente di scoprire dove egli ha collocato il suo dolore.”  (Havens,1985)

Le nostre menti devono poter interagire

Le persone hanno una mente conscia ed una mente inconscia

La mente inconscia definita da M.H. Erickson non è l’Inconscio represso descritto da Freud o l’Inconscio mistico collettivo di Jung. Erickson usa il termine “mente inconscia” per riferirsi a tutte le cognizioni, percezioni, e emozioni che accadono in noi senza che una persona ne abbia normale consapevolezza.

Egli si riferisce a “mente conscia” per quel limitato numero di informazioni che penetrano nel ristretto campo dell’attenzione di ogni persona nell’arco di tutto il giorno.

Un corollario alla sua osservazione di questa dicotomia è che ogni persona è più portata a utilizzare ed affidarsi alle limitate capacità della propria mente conscia nel tentativo di dare direttività e supporto alla propria vita, piuttosto che utilizzare tutte le capacità della propria mente inconscia e tralasciandone le risorse.

Questo presupposto è fondamentale per spiegare il fallimento di ogni nostro tentativo di risolvere i problemi attraverso razionalizzazioni, tralasciando le sensazioni che le scelte ci producono. Ogni scelta infatti operata solo sul calcolo non tiene conto delle implicazioni profonde che a breve o lungo termine possono, le sensazioni e le emozioni, generare in ciascuno di noi.

Un esempio ci viene fornito dal “desiderio di chiudere una relazione sentimentale”. Sembra ovvio per ciascuno di noi che se una “relazione” è divenuta pesante e dolorosa debba essere conclusa; ma la presenza di figli, i rimorsi, gli affetti del passato, i sentimenti positivi che hanno tenuto vicini i partner, tutte queste “percezioni” irrompono in maniera spesso potente ed inconsapevole tanto da impedere di compiere una scelta apparentemente scontata.

Le interazioni compromesse causano dolore

Una relazione dolorosa, inadeguata o inappropriata tra mente conscia e mente inconscia può dare origine ad una varietà di emozioni, comportamenti, problemi interpersonali e sintomi colmi di dolore

“Alcuni problemi sono la conseguenza di un specifico malfunzionamento biofisico, la maggiorparte delle difficoltà percepite dai pazienti sono il risultato di poca coordinazione tra le attività consapevoli e quelle inconsapevoli.

Idealmente, un individuo pienamente adeguato dovrebbe avere un flusso, relativamente libero, di materiale tra la mente conscia e la mente inconscia e le attività di queste due dovrebbero essere cooperativamente integrate e coordinate”. (Erickson, Rossi & Rossi,1976)

Ne consegue che un individuo dominato da un mente conscia priva di informazioni adeguate o nella quale si è presentata una idea non corretta, e/o in relazione antagonista tra la mente inconscia può portare ad un’agitazione emozionale non necessaria, a schemi di pensiero auto-invalidanti, e a schemi di comportamenti auto-lesivi.

Quando vi sono pazienti che mostrano delle difficoltà o dei dispiaceri che sono semplicemente il risultato di una disinformazione o dell’erronea valutazione della mente conscia, in tal caso, la consulenza può consistere nel provvedere a fornire nuove informazioni o correggere quelle le credenze errate. Purtroppo la maggiorparte dei problemi che insorgono nei pazienti sono conflitti o la mancanza di coordinazione tra la loro mente conscia e quella inconscia, e non solamente dovuta ad una mancata informazione.

Per un motivo o più ogni persona che vive una tensione è incapace di mantenere lineare ed efficiente il funzionamento di vicendevole interazione tra il conscio e l’inconscio. Questa relazione tra le loro menti conscie e quell’incoscie  viene danneggiata, con il risultato, che si sentono privi di controllo e inabili a prendere decisioni per sè stessi e le loro vite.

Il dolore delle ferite elude un analisi

“I clienti generalmente sono incapaci o poco disposti ad ammettere, esaminare o esperire la fonte del loro dolore o possono  aver paura di percepire la consenguenza del farlo. Questa attitudine rende difficile l’identificazione o maschera il dolore, perpetuando l’insorgere di sintomi”

Immaginate che qualcuno si accasci nel vostro ufficio e vi dica che si sente malissimo. Quando gli chiedete perchè si senta così male, vi risponde che non lo sa. Dopo un lungo dialogo, in cui non trovate alcun elemento utile, decidete di farlo rilassare, gli chiedete di chiudere gli occhi, e di dirvi cosa gli viene in mente. Lui vi dice, per esempio, che ha male alla gamba destra, così gli chiedete di essere più specifico. Vi dice che sente un dolore tagliente al tallone del piede destro e nel frattempo ricorda che la prima volta che lo ha percepito stava camminando a piedi nudi nel parco. Quando gli chiedete di esaminare attentamente il suo piede destro, scopre una grossa spina profondamente conficcata nel tallone. Nel tempo trascorso la ferita si è infettata e questo ha reso il dolore diffuso alla gamba. Finalmente, più calmo, lo aiutate a rimuovere la spina e a medicarsi la ferita. Infine mentre lo medicate sviene alla vista di un pò di sangue e scoprite che egli odia la vista del sangue e che nonostante le innumerevoli volte in cui si è ferito negli anni ha ha ignorato le ferite, ha evitato di curarsi le infezioni per la paura di dover vedere del sangue.

Adesso, immaginate invece che l’origine del suo malessere sia una “fonte” di dolore psicologico, invece che una spina. Questo semplice elemento mutato mostra il problema che lo psicoterapeuta si trova frequentemente ad affrontare. Il paziente, molto spesso, non vuole sapere che cosa lo sta danneggiando. E a tal motivo si attiva con forza per non doverlo scoprire, imparando invece a “sopportare” la presenza di dolore costante o di costanti acutizzazioni.

E’ vero, purtroppo, che l’origine del dolore è qualche volta dovuta a pensieri spiacevoli, percezioni, memorie, credenze, convinzioni, o paure che la “mente conscia” del cliente è incapace o poco disposta a conoscere o esaminare. La mente inconscia, invece, è sempre capace di definire il problema e di trovare l’origine del dolore, tuttavia tentativi di rendere consapevole ciò che risiede ad un livello incoscio vanifica la possibilità di farlo senza che il problema sia sottoposto ad una analisi di “valore”, da parte della razionalità, dei costumi sociali, e delle convizioni e credenze che governano il cliente. La tensione tra ciò che “dovrebbe” essere fatto e ciò che “andrebbe” invece fatto è alla base delle tensioni tra mente conscia ed inconscia.

La sofferenza conduce all’origine

“La sofferenza è  guida migliore. Essa automaticamente trascina l’attenzione fino all’origine del problema. Il terapeuta deve focalizzarsi sul dolore e aiutare il cliente a farlo nella maniera migliore”

Quando qualcuno prova dolore, la sua risposta inconscia rivelerà il suo malessere.

La natura e la locazione di un dolore fisico viene rivelato dalla maniera in cui la persona cammina, aggiusta la sua posizione, dalla maniera inconscia di sfregarsi la parte dolorante. L’origine del dolore psicologico viene rivelato attraverso i sintomi del cliente, dalle situazioni che la persona evita, dalle immagini che corrono nella sua mente, dalle parole usate per esprimere i suoi pensieri, o dai significati imposti agli stimoli ambigui, proprio come nei test. Vi sono molti altri indicatori inconsci dell’esistenza e dell’origine di una sofferenza che vengono agiti senza che la mente conscia ne sia consapevole.

L’estrema capacità razionalizzante della mente conscia spinge a cambiare l’esperienza del dolore nella decisione “consapevole” di ignorarlo o di dirigere l’attenzione ad altri compiti o situazioni rese più impellenti o importanti. Ma quando l’attenzione cessa, distratta da qualche evento esterno, o la persona è rilassata e priva di distrazioni; l’attenzione è catturata da tutte le sensazioni negative esistenti e direttamente la ricollegano con l’origine di quel dolore.

Il dolore fisico sembra ingrandito nella quiete di una stanza buia perchè non vi è niente altro che catturi la nostra attenzione e ci distragga da quel dolore. L’origine del dolore psicologico o emozionale è molto più difficile da essere ignorato in quei momenti di calma, come quelli appena precedenti al momento di cadere addormentati. In quei momenti sensazioni estremamente sgradevoli, indesiderati, pensieri spiacevoli, preoccupazioni o ricordi dolorosi si affacciano all’improvviso.

La consapevolezza promuove la cura

“Una volta che l’origine del dolore è identificata, il cliente riflessivamente corregge o elimina quel problema, se può. Le persone sono estremamente capaci di promuovere auto-correzioni e auto-guarigioni.”

Sia la mente conscia che quella inconscia sono organizzate per proteggere razionalmente la persona e fare tutto ciò che può esser fatto per assicurare a lui/lei la tranquillità e la sopravvivenza. Dando ad entrambi adeguate informazioni, queste possono dare origine a trasformazioni impressionanti. Quando l’informazione viene soppressa, ignorata, o non è disponibile per poter fare un analisi, l’individuo non può sviluppare un metodo coordinato e integrato di controllare la situazione.

Concentrandosi sui segnali prodotti da un’area di sofferenza, i clienti permettono a tutte le loro risorse conscie e inconscie di essere portate sul problema. Invece di combattere la loro sofferenza o di trascurare le preziose implicazioni di quel dolore, possono imparare ad usarlo come una fonte d’informazioni su come condurre le loro vite in modo più confortevole e responsabile. Questo è tanto vero per i clienti in terapia che per quelli affetti da dolore cronico.

Quando i clienti in terapia si concentrano sulla loro sofferenza e scoprono che la fonte dei loro problemi è un particolare ricordo, immagine, desiderio, credenza, comportamento, o relazione interpersonale, usualmente cominceranno immediatamente a farci qualcosa se sapranno cosa possono fare e che lo possono fare.

Potrebbero terminare una realzione spiacevole, cambiare il loro stile di vita, modificare una propria credenza, o revisionare una propria aspettativa. A volte faranno ciò cosciamente e intenzionalmente. In altre occasioni i cambiamenti avverranno a livello inconscioapparentemente da soli.

Potrebbe essere necessaria dell’assistenza

“Non tutti i clienti possono correggere i loro problemi senza aiuto. Alcuni necessitano di imparare nuove abilità prima di potervi riuscire. E’ meglio se questi apprendimenti avvengono ad un livello inconscio.”

La sola identificazione del problema che genera malessere nel cliente non garantisce che le risorse della sua mente conscia e inconscia bastino a risolvere quel problema. Alcuni clienti richiedono una varitetà di strategie che promuovono soluzioni alternative prima di permettere di agire un piccolo cambiamento. Altri potrebbero essere capaci di capire cosa andrebbe fatto, ma potrebbero non essere abili a  farlo.