Psico-terapia della Gestalt

La terapia della Gestalt si caratterizza come un approccio esperienziale piuttosto che verbale o interpretativo.

Il materiale, i sintomi, i vissuti, in una parola i problemi che il paziente presenta in terapia, anche se possono essere determinati da eventi, traumi, esperienze che appartengono al passato e alle vicissitudini storiche del paziente, sono rilevanti solo nella misura in cui interferiscono con la realtà attuale, limitano le esperienze e le relazioni del paziente stesso.

E’ necessario quindi, secondo Perls, che la terapia sia orientata, in senso esperienziale, esclusivamente sul presente, sul qui ed ora. L’attenzione va diretta all’attualità intesa nella sua dimensione temporale, spaziale e sostanziale.

In altri termini si chiede al paziente, ma anche al terapeuta, di essere in questo posto, in questo momento e di rivolgere l’attenzione a quanto succede: “chiediamo al paziente di diventare consapevole dei suoi gesti, della sua respirazione, delle sue emozioni, della sua voce, delle sue espressioni facciali, nonché dei suoi pensieri pressanti

Al fine di promuovere la capacità del paziente di far fronte allo stress a cui è sottoposto costantemente nel corso della sua esistenza, la terapia della Gestalt tende ad intensificare piuttosto che ridurre l’ansia, lo stress, le frustrazioni.

Si tratta, in altri termini, di favorire il contatto del paziente con tutte quelle esperienze, interne ed esterne, sgradevoli, ansiogene e dolorose che tende ad evitare e sfuggire.

Si tratta di portare il paziente dentro la ferita, dove fa più male, piuttosto che consolarlo sostenendo la fantasia che ci possa essere qualcuno al mondo in grado di aiutarlo, prendersi cura di lui, lenire la sua ferita: “quello che noi vogliamo fornire è un luogo in cui il paziente possa desiderare sempre più di sperimentare cose sgradevoli, come l’ansia. Quando la evita lo riportiamo indietro restando con lui“.

E’ questo l’aspetto più delicato della terapia. Il paziente, allo stesso modo del neonato che alla nascita non sa respirare da solo, deve attivare le proprie risorse se vuole imparare a respirare, se vuole vivere.

In tal senso la frustrazione, la non-rassicurazione da parte del terapeuta intendono favorire una risposta personale da parte del paziente: “senza frustrazione non c’è alcun bisogno, nessuna ragione di mobilitare le proprie risorse, di scoprire che potresti essere capace di fare qualcosa da solo

La terapia della Gestalt, secondo Perls, non si interessa minimamente di fornire conforto, consolazioni, sicurezze, risposte esistenziali né tantomeno di aiutare il paziente ad essere più efficiente o a fare la “cosa giusta”, quanto di favorire una maggiore adesione e adattamento del paziente a sè stesso, con i suoi limiti e possibilità, promuovendone la capacità di autosostenersi e di essere reale.

E’ questo un punto molto importante in quanto l’orientamento verso una maggiore adesione a se stessi non viene inteso da Perls come una sorta di negazione della relazione con l’ambiente o con l’altro quanto piuttosto un fondamentale prerequisito per poter contattare il mondo esterno sulla base di bisogni e modalità sentiti e riconosciuti come propri.

Secondo Perls questo processo è possibile nel momento in cui il paziente è disposto a ricollocarsi al centro della propria esistenza, recuperando il potere su sè stesso e sui propri comportamenti ivi compresi gli aspetti disarmonici e contraddittori: “se ti assumi la responsabilità di quello che stai facendo, del modo in cui produci i tuoi sintomi, del modo in cui produci la tua malattia, del modo in cui produci la tua esistenza – al momento stesso in cui entri in contatto con te stesso – allora ha inizio la crescita, ha inizio l’integrazione“.

Assumersi la responsabilità della propria vita significa dare a sè stessi la possibilità di perdonarsi per la propria imperfezione e, perché no, di gioire, sorridere dei propri difetti ed errori: “amo tutti gli incontri imperfetti di bersaglio e freccia che mancano il centro a sinistra e a destra, sopra e sotto. Amo tutti i tentativi che falliscono in mille modi diversi … amico non aver paura dei tuoi errori. Gli errori non sono peccati. Gli errori sono modi di fare qualcosa di diverso, forse nuovo in senso creativo. Amico non pentirti dei tuoi errori. Siine fiero. Hai avuto il coraggio di dare qualcosa di te stesso“.

L’orientamento sul presente, sull’esperienza, su quanto il paziente sperimenta di se stesso da un punto di vista corporeo, emotivo, immaginativo, da una parte tende a limitare e minimizzare l’influenza di razionalizzazioni, credenze, rappresentazioni di ruoli stereotipati e dall’altra permette l’espressione attiva di qualsiasi materiale presentato, sia esso un sintomo, un sogno, un ricordo.

Quanto emerge non va interpretato, modificato, né vanno cercate le cause sottostanti: semplicemente viene data voce, valore, diritto di esistenza ad ogni aspetto esistenziale che il paziente porta in terapia.

Se il paziente presenta un sintomo il terapeuta può chiedergli di provare ad identificarsi con il sintomo, dargli voce, intensificarlo, permettergli di esprimere il suo messaggio per il paziente stesso. In questo modo è anche possibile attivare in modo psicodrammatico le diverse sottopersonalità, le diverse polarità. Il paziente, ad esempio, identificandosi e dando voce alle diverse parti di un sogno, potrà, dopo una fase di espressione e spesso di scontro, conflitto, contrapposizione tra i diversi personaggi, ruoli e figure che sono rappresentate nel sogno, recuperare, reintegrare le diverse parti di sé precedentemente scisse o alienate.

L’integrazione, tuttavia, non è né facile né indolore. Il paziente, infatti, si scinde, aliena aspetti della sua personalità proprio per evitare la sofferenza, la responsabilità, il prezzo di essere come è.

Assume ruoli fittizi: il bravo ragazzo, la moglie perfetta, etc., per essere amato, per non incorrere nella disapprovazione, per evitare le aspettative catastrofiche che immagina si verificherebbero a causa del suo comportamento non adattato. Il risultato di questa fuga da se stesso è la nevrosi, la psicosi, ma anche la rigidità emotiva, l’adattamento passivo e conformista alla società. Fuggendo da se stesso, rendendosi inconsapevole, cercando il sostegno ambientale, manipolando se stesso e gli altri, evitando la responsabilità dei propri atti, cerca di evitare il dolore del vivere: “nutriamo tutta una serie di aspettative catastrofiche […] con le quali ci impediamo di vivere, di essere […] queste fantasie ci impediscono di assumerci quei ragionevoli rischi che sono parte integrante della crescita e della vita” . Diventa comprensibile, quindi, secondo Perls, la difficoltà di riconoscere, contattare ed integrare i nostri sentimenti, le nostre diverse anime, in quanto l’assunzione della responsabilità della propria vita non rappresenta un’altra e migliore soluzione rispetto alle difficoltà dell’esistenza né garantisce necessariamente felicità, soddisfazioni, migliori relazioni con gli altri.