Che cos’è?

Il termine schizofrenia, così definita da Eugen Bleuer all’inizio del ’900, deriva dal greco “mente divisa” e rappresenta la più comune delle psicosi.

I sintomi della schizofrenia possono interessare tutte le funzioni che caratterizzano il comportamento, la cognizione e le emozioni della persona: la percezione, il pensiero, il linguaggio, la volontà, la creatività.

Quanto è diffusa?

Secondo le stime più recenti, in Italia soffrono di schizofrenia circa 600 mila persone. In base ai dati diffusi dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, ogni anno si registra un numero di nuovi casi che va dai 7 ai 14 per 100 mila abitanti di età compresa tra i 15 e i 54 anni.
La schizofrenia insorge più frequentemente verso la fine dell’adolescenza o all’inizio della vita adulta, e nei maschi si presenta quasi sempre in anticipo rispetto alle donne, con un esordio tra i 15 e i 25 anni, mentre tra le ragazze i primi disturbi compaiono tra i 25 e i 35 anni.
Secondo i riscontri dell’Oms, una persona su tre guarisce completamente, un terzo dei pazienti deve invece essere sottoposto a un trattamento prolungato, che consente comunque di svolgere alcune attività anche se non permette il ritorno a una vita completamente normale. Infine, un terzo tende a diventare paziente cronico, con progressive difficoltà a conservare le normali relazioni sociali.

Le cause

L’ipotesi di una causa genetica della schizofrenia non è ancora stata confermata. Di certo si sa che chi ha in famiglia casi di schizofrenia va incontro a un rischio più elevato di ammalarsi rispetto alla popolazione generale. Altri possibili fattori causali sono:

  • Ambiente sociale – La schizofrenia tende a manifestarsi soprattutto nelle fasce meno agiate della popolazione e con basso livello culturale. Tuttavia non si sa con precisione se questa condizione sociale è una causa o piuttosto un effetto della malattia.
  • Vulnerabilità– Attualmente viene considerata l’ipotesi causale più accreditata e si basa sulla presenza di una componente genetica predisponente su cui agirebbero elementi esterni in grado di “scatenare” la malattia. In pratica, chi si ammala sarebbe particolarmente esposto alla patologia per motivi genetici, ma solo le condizioni ambientali, come per esempio una difficile vita familiare o scolastica, potrebbero dare il via ai sintomi.
  • Neurotrasmettitori alterati – I sintomi più gravi della schizofrenia (come i deliri) sono direttamente collegati a un aumento localizzato della dopamina, una sostanza chimica che ha il compito di favorire il passaggio dei segnali nervosi tra le cellule cerebrali, in alcune zone del cervello. In particolare, l’eccessiva attività stimolante della dopamina sarebbe presente nei punti di collegamento tra i neuroni, le cosiddette sinapsi. Da qui l’ipotesi biochimica della schizofrenia, che tuttavia viene ancora considerata tale perché non è ancora chiaro se l’eccessiva attività della dopamina sia una causa o una conseguenza della malattia.

Come si manifesta?

L’insorgenza della schizofrenia non è quasi mai eclatante: possono verificarsi manifestazioni ossessive, come la sensazione di sentire odori strani o voci intorno sé. Nella maggior parte dei casi la malattia insorge in maniera molto subdola, e proprio questo rende molto difficile formulare una diagnosi precoce.
In genere vi è una comparsa progressiva di segnali che debbono mettere in allarme e che ricordano in qualche modo i sintomi più tipici della depressione: sospettosità, chiusura in se stessi, perdita di interesse per le attività quotidiane, ecc. In questa fase è molto comune scambiare i primi segni della schizofrenia con un quadro depressivo, anche perché non si sono ancora manifestate le tipiche “dissociazioni” con l’ambiente. Sarebbe invece molto importante riuscire a identificare precocemente la malattia, perché si è visto che l’intervento terapeutico in fase iniziale offre risultati migliori nel trattamento.

Generalmente vengono identificate due principali classi di sintomi:

Sintomi positivi o produttivi

  • Deliri: sono pensieri e convinzioni assolute ed incontestabili radicate nel cervello del malato, ma prive di una base reale. Ad esempio, il paziente può affermare di essere seguito oppure osservato, o magari di disporre di poteri particolari che gli consentono di “dominare” gli altri.
  • Allucinazioni: sono percezioni (perlopiù uditive) di stimoli del tutto irreali, come sentire voci che parlano di lui oppure di vedere oggetti che si muovono fino al punto di inseguirlo.
  • Disturbi del pensiero: pensiero dissociato, “furto” del pensiero, influenzamento del pensiero, neologismi, “insalata” di parole, tangenzialità.

Sintomi negativi

  • Disturbi dell’affettività: appiattimento affettivo, ambivalenza affettiva, contraddizione, autismo.
  • Anedonia: mancanza di emozioni, abulia, isolamento e apatia. Lo schizofrenico perde progressivamente ogni interesse per quanto lo circonda e si chiude in se stesso, dimostrando una forte abulia nei confronti del mondo esterno. Non desidera più avere rapporti sociali, si estranea dal nucleo familiare e si chiude in un mondo tutto suo.
  • Disturbi catatonici: completo immobilismo e mutismo, o esplosioni incontrollate di aggressività; catalepsia (ossia la possibilità di posizionare le membra del paziente in qualsiasi posizione).

Secondo il DSM IV-R è possibile formulare una diagnosi di Schizofrenia quando sono presenti due (o più) dei seguenti sintomi caratteristici, ciascuno presente per un periodo di tempo significativo durante un periodo di un mese (o meno se trattati con successo):

  • deliri;
  • allucinazioni;
  • eloquio disorganizzato (per esempio, frequenti deragliamenti o incoerenza);
  • comportamento grossolanamente disorganizzato o catatonico, bizzarrie comportamentali, manierismi, posture;
  • sintomi negativi, cioè appiattimento dell’affettività;

La schizofrenia si differenzia in 4 sindromi:

  • forma paranoide-allucinatoria: con una marcata prevalenza di deliri ed allucinazioni, naturalmente oltre ai sintomi principali. Spesso assume una forma acuta e comincia durante o dopo il quarto decennio di vita;
  • forma catatonica: i sintomi catatonici sono molto marcati. Anche i deliri e le allucinazioni sono possibili;
  • forma ebefrenica: si sviluppa quando il paziente è ancora giovane. Caratteristica è la sensazione di superficialità che questi pazienti irradiano. La prognosi è decisamente sfavorevole;
  • schizofrenia semplice: questo processo ha luogo lentamente ed in maniera non drammatica. Con il passare dei mesi e degli anni, il paziente perde l’impulso all’iniziativa, rende sempre di meno, riduce i contatti umani, ed infine sviluppa quasi solo i sintomi principali ed essenziali della schizofrenia. La prognosi è negativa. Il paziente non ha praticamente chance di tornare veramente sano.

Questi disturbi non sono costantemente presenti e tendono a manifestarsi solamente in corso di crisi acute cui si alternano momenti di relativo benessere.

Il quadro patologico a insorgenza lenta risulta più difficile da trattare rispetto alla malattia che si manifesta in forma dirompente, mentre i risultati terapeutici sono migliori nei malati che hanno una prima manifestazione particolarmente intensa e deflagrante.

Psicoterapia individuale

Diverse ricerche cliniche hanno dimostrato che la psicoterapia è utile soprattutto nelle forme con sintomi produttivi. La psicoterapia pone l’attenzione sulle risorse sane, invece che sui difetti, sui diritti ad una vita soddisfacente e sul loro ampliamento, più che sulla stigmatizzazione, sull’ampliamento delle possibilità di azione e di inserimento nel tessuto reale, invece della segregazione ed esclusione. In tal caso la psicoterapia si basa su alcuni punti fondamentali:

  • migliorare le conoscenze del paziente e della famiglia sulla malattia per imparare a identificare i segni precoci di crisi e prendere immediatamente provvedimenti farmacologici e psicologici;
  • i sintomi vengono considerati come un insieme di concrete difficoltà: si identificano gli ostacoli e gli impedimenti concreti, e si ricerca la collaborazione di tutti per trovare delle soluzioni (tecnica del “problem solving”) e per verificare la loro efficacia;
  • aiutare il paziente ad identificare le sue interpretazioni errate della realtà ed alcuni schemi mentali ed emotivi che lo portano a dare significati distorti agli eventi interni e al mondo circostante;
  • molto utile è un training sulle modalità essenziali di comunicazione (training di assertività): l’espressione dei sentimenti positivi e negativi, la richiesta di aiuto, l’ascolto attivo;
  • la parte comportamentale dell’intervento si propone di portare il paziente a modificare i propri comportamenti attraverso l’uso di esercizi assegnati da una seduta all’altra e del rinforzo positivo;
  • l’insegnamento e l’incoraggiamento delle abilità quotidiane (cura personale, gestione della casa, gestione del denaro, ecc.) aiutano il paziente a riappropriarsi di competenze sociali e lavorative, consentendogli di inserirsi nella collettività e di rendersi il più possibile autonomo (intervento psicoeducazionale).

Psicoterapia di gruppo
Al ciclo di psicoterapia individuale può essere utile associare un trattamento di gruppo, che dia modo all’individuo di recuperare le capacità sociali perdute durante la malattia, anche attraverso la condivisione dei suoi problemi con altre persone nella sua stessa condizione.

Terapia farmacologica
Il trattamento farmacologico viene oggi considerato fondamentale nel trattamento della Schiozofrenia. I farmaci impiegati in questa cura appartengono alla famiglia degli antipsicotici, che comprende i farmaci di prima generazione e i cosiddetti “atipici”: clozapina, olanzapina, risperidone e quetiapina. Hanno una doppia azione, mirata sia al controllo dell’eccesso di dopamina, sia al controllo della serotonina. In ogni caso, anche questi farmaci possono avere effetti indesiderati nei trattamenti a lungo termine, come l’aumento di peso.