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Per “cognizione sociale” si intende una serie di attitudini sociali, dotate di specifici contenuti fenomenici, che originano dall’attività di popolazioni di neuroni, che si esprime nell’interazione mente/mondo e che si sviluppa attraverso il sistema della “molteplicità condivisa”, che è descrivibile attraverso diversi livelli.

I processi cognitivi che caratterizzano la mente sociale, permettono di ricostruire i contenuti mentali di un agente, individuando intenzioni, sensazioni ed emozioni che soggiacciono all’azione, come se fosse l’osservatore ad agire in prima persona. Una comprensione, esperienziale ed automatica, del vissuto del soggetto in relazione, “consonanza intenzionale”, resa possibile dalla condivisione di emozioni, sensazioni e di circuiti neurali, in uno spazio intersoggettivo di “molteplicità condivisa” e sostenuta, dal punto di vista fisiologico, dai  “sistemi mirror” (Gallese, 2006).

Neuroni “mirror” si attivano per l’esecuzione, la percezione e l’immaginazione dell’azione (Balugani, Ducci, 2008), permettendone una rappresentazione interna, che appare quindi imbrigliata, ovvero “incarnata”, nell’apparato senso-motorio del soggetto.

Senza entrare nello specifico della neurofisiologia dei “sistemi mirror” (Gallese, 2006; Balugani, Ducci, 2007, 2008), è interessante riflettere sul possibile deficit della “consonanza intenzionale”, nella costruzione di una carente “cognizione sociale” nell’autismo, con particolare riferimento alla difficoltà nella comprensione di pensieri, emozioni e sensazioni, osservabile nel Disturbo di Asperger.

Alla base della “cognizione sociale” vi è la possibilità di interagire in uno spazio di senso condiviso tra sé e l’altro ed un deficit a questo livello conduce ad una carente “molteplicità condivisa”. Anomalie nella “cognizione sociale” sono riferibili, dal punto di vista funzionale, al mancato funzionamento dei “sistemi mirror”, con conseguente compromissione del meccanismo di “simulazione incarnata”. Soggetti con autismo ad alto funzionamento, ad esempio, sembrano in grado di riconoscere ed imitare l’espressione del volto per emozioni di base, ma nell’imitazione utilizzano circuiti neurali diversi da quelli dei soggetti di controllo, con mancata attivazione delle aree “mirror” del circuito pre-motorio (Dapretto et al., 2005).

In assenza dei meccanismi di “simulazione incarnata”, di origine “mirror”, sembra venire meno la capacità di dare un contenuto esperienziale al mondo affettivo, che rimane accessibile solo attraverso la mediazione di tipo cognitivo – verbale (Gallese, 2006, Howlin, Baron-Cohen, Hadwin, 1999).

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