Siamo fatti della stessa materia Con la quale son fatti i sogni; E la nostra piccola vita. E’ avvolta nel sonno.
(W. Shakespeare)

In queste righe getteremo uno sguardo su di un fenomeno ancora poco chiaro agli studiosi del mondo degli stati di coscienza e della vita onirica; non certo si cercheranno risposte ma forse degli spunti di riflessione.

Sognare ed essere svegli, nella nostra cultura, sono considerate due dimensioni assolutamente separate, due condizioni discrete di esperienza dove l’una esclude l’altra. Sognare ed essere svegli si configurano quindi come stati incompatibili e lontani, dove il primo viene a rappresentare la dimensione immaginativa ed irreale dell’esistenza, ed il secondo invece viene esperito come effettivamente reale e soprattutto come la base sulla quale tentare di spiegare tutti i fenomeni incomprensibili, o”strani”.

Si delinea già una differenziazione primaria tra due stati di coscienza: quello onirico e quello della veglia.
L’idea, l’ipotesi, sviluppata in quest’articolo è invece che essere svegli e sognare sono due momenti della nostra esperienza, perfettamente compatibili fra loro, che possono persino essere presenti nel medesimo istante. Esiste una letteratura molto vasta che si sta sviluppando attualmente negli Stati Uniti, oltre a una letteratura molto antica, in cui viene presa in esame la possibilità che si possa sognare, essere svegli e presenti a sé stessi nello stesso momento.

Durante questo vissuto accade che il piano della realtà materiale, per tramite della coscienza, riesce ad accedere al sogno, confrontandosi direttamente con il mondo della realtà psichica. Così come si assiste all’emersione dell’inconscio su di un piano cosciente, così è possibile osservare l’irruzione della coscienza nel mondo inconscio; Freud parlerebbe di “realtà materiale” e “realtà psichica” a confronto.

Storicamente il primo ad aver tramandato la nozione di sogno lucido entro la cultura occidentale sembra essere stato Aristotele, secondo il quale colui che sogna cade nell’illusione di interpretare le immagini di sogno come fatti reali. Il sognatore avrebbe, però, la possibilità di rendersi conto, attraverso le sensazioni fisiche esterne, di essere addormentato e da ciò inferire di star sognando. S. Laberge, il maggior esperto del mondo dei sogni lucidi, sostiene che questo sia vero solo in parte: in realtà prima si diviene consci di star sognando, poi se ne deduce di essere addormentati.

Nel 415 sant’Agostino citò in una lettera il racconto di un “sogno lucido” sperimentato da Gennadius, un fisico cartaginese, e ne discusse le possibilità.

Nel tredicesimo secolo san Tommaso d’Aquino menzionò i sogni lucidi citando Aristotele e aggiungendo che questi hanno luogo in special modo “verso la fine del periodo del sonno, negli uomini sobri e in quelli che sono dotati di grande immaginazione”.

Gli insegnamenti , attribuiti a Naropa, il maestro indiano di Buddismo tantrico del decimo e undicesimo secolo dopo Cristo parlano anche dei sogni lucidi. Naropa trasmise i sei yoga, incluso quello riguardante il sogno lucido a Marpa, un tibetano che introdusse questa conoscenza in Tibet. Attraverso l’esercizio gli adepti divengono capaci di controllare i propri sogni a piacimento, decidendo quando cambiare sogno e cosa visualizzare in sogno. Tale pratica avrebbe lo scopo di far sperimentare l’illusorietà dei propri contenuti onirici al fine di portare tale sensazione di illusorietà anche nello stato di veglia.

Parte del sistema religioso-filosofico del Buddismo tibetano, che sostiene l’illusorietà di ogni aspetto della vita terrena, si avvale della pratica del sognare lucido.

La“psicologia” Tibetano-lamaista, dunque, distingue i sogni in due categorie: “karmici” e “di chiarezza della mente”. I primi vengono generati da “semi karmici” che sono, appunto, gli attaccamenti, ma possono essere anche traumi emotivi, problemi di difficile soluzione o, addirittura tracce karmiche di vite precedenti. I secondi sono i sogni che nascono dalla consapevolezza dell’illusorietà della realtà e cioè quando si è raggiunta la “chiarezza della mente”. Il distacco dagli attaccamenti viene raggiunto piano piano, notte dopo notte, quando si sarà saziato completamente ogni desiderio.

Questa pratica viene chiamata “pulizia karmica” e può essere utilizzata anche per eliminare incubi ricorrenti o sogni che nascano da traumi emotivo/affettivi del passato.

Sognare lucido vuol dire avventurarsi nei propri sogni conservando la lucidità della coscienza sveglia. Fino a una trentina di anni or sono questa possibilità veniva vigorosamente negata in base a un dogma neuroscientifico molto semplice: o si è svegli o si è nel sonno profondo o si sogna.

Nelle culture orientali, invece, il fenomeno non solo era (ed è) considerato normale, ma addirittura era (e lo è ancora) coltivato e sfruttato a fini religiosi, evolutivi e salvifici.

Si trovano tracce della conoscenza dei sogni lucidi anche all’interno della sofisticata cultura islamica.

Nel mondo antico il “l’arte del sognare” era dunque uno strumento di conoscenza importantissimo; ad esempio in Malesia esiste, ancora oggi, una tribù, i Senoi, chiamata “il popolo del sogno”; l’arte del sognare è di vitale importanza per la sopravvivenza di questo popolo.

In Occidente, di fondamentale importanza nello studio dei sogni lucidi è stato il Marquis d’Hervey de Saint-Denys che nel 1867 pubblicò anonimamente: “I sogni e i mezzi per dirigerli”, documentando venti anni di ricerche ed esperimenti su di sé sul tema dei sogni lucidi.

Lo stesso Freud studiò attentamente quest’opera e nella sua “Interpretazione dei sogni”, alluse ad un particolare fenomeno riscontrabile nel mondo onirico: lui scrive che talvolta, durante il sonno, affiora un’espressione critica che potrebbe essere verbalizzata così: “non è che un sogno”. La prima spiegazione che lui dà è quella che si tratti di un “sogno nel sogno”, il cui tentativo è di tranquillizzare il sognatore. Dal punto di vista dinamico, dunque, accade questo: prima si sogna qualcosa e la situazione onirica tende al soddisfacimento di un desiderio, poi, visto che si trattava di qualcosa di inaccettabile, interviene la coscienza tranquillizzando il sognatore con la formula “non è che un sogno”.

Poi, nel 1909, Freud va oltre suggerendo l’idea che esistono sognatori in grado di guidare i loro sogni nella direzione voluta; visto che non si riesce a realizzare l’appagamento allora il sognatore tenta una nuova soluzione, e guida il sogno in un’altra direzione. Si parla dunque di “sogno nel sogno” distinto dal “sogno guidato” anche se in entrambi il sognatore si riconosce all’interno della scena onirica. Freud si ferma ad una spiegazione psicodinamica di lotta tra desiderio e difesa, e non coglie quello che oggi è noto ai ricercatori onirici: la possibilità di una “persistenza della coscienza nel sogno”. Questo fenomeno, come accennato sopra e come si vedrà oltre, è ben noto agli studiosi moderni e lo era in molte tradizioni antiche.

Allo psichiatra olandese Frederik Willems van Eeden si deve il termine “sogno lucido” in cui il sognatore raggiunge uno stato di consapevolezza perfetta, ed è capace di dirigere la propria attenzione, e di compiere diverse azioni in piena libertà. Tuttavia il sonno, per quanto ha potuto in buona fede rilevare, è indisturbato, profondo e riposante”.

Nel 1924 Thomas Mann nel romanzo “La montagna incantata” fece vivere al protagonista un sogno lucido, che, nell’ambito della trama, era estremamente rivelatorio fino al punto di permettergli di risolvere il filosofico conflitto della vita e della morte.

Nel 1931 il filosofo russo Ouspensky, in Inghilterra, descrisse quelli che chiamava “stati di sogno a metà” (“half-dream states”), come sogni in cui è possibile essere coscienti e pensare coscientemente.

Negli ultimi venti anni l’argomento è divenuto sempre più presente all’attenzione sia scientifica che popolare.

La caratteristica più dirompente del sogno cosciente è che il sognatore può decidere quale sogno fare, se parteciparvi come protagonista o assistervi come spettatore, se interromperne uno già cominciato e sostituirlo con un altro, cambiare il finale, scegliere i coprotagonisti maschili e femminili, soddisfare qualunque desiderio o vivere ogni sorta di avventure ma anche risolvere problemi, eliminare incubi ricorrenti o liberarsi di ricordi traumatici.

Questa caratteristica sembrerebbe confermare uno dei cardini della psicologia psicoanalitica e cioè che i sogni servano ad appagare desideri. Tuttavia si tratta di una conferma parziale, nel senso che i sogni non appagano fondamentalmente desideri sessuali inammissibili dai codici morali della coscienza ordinaria, ma semplicemente i desideri che hanno più potenza nella coscienza del sognatore.

Mentre un sogno lucido sta avendo luogo colui che sogna può determinarne gli sviluppi in termini di scenario, personaggi, oggetti, attività e avvenimenti. La misura in cui sarà in grado di fare questo varia sia tra gli individui, sia tra le diverse esperienze di uno stesso “sognatore lucido”. “Piena lucidità”, sostiene S. LaBerge, il più noto studioso del settore, “significa sapere: ogni parte di questo sogno è nella mia mente e io ne ho la piena responsabilità. Se non voli perché pensi di non riuscirci non sei completamente lucido”.

Essendo una buona riproduzione del mondo della veglia, il sogno lucido presenta tutte le modalità sensoriali proprie della veglia: modalità visiva, auditiva, gustativa, tattile, olfattiva, propriocettiva, termica e dolorifica.

Per quanto riguarda la percezione visiva per lo più vengono riportate esperienze di forte chiarezza sia per quanto riguarda la precisione dei dettagli, che riguardo la vivezza dei colori e quindi la modalità visiva sembra essere il canale percettivo dominante nei resoconti dei sognatori lucidi.

Per ciò che riguarda il pensiero e l’esame di realtà, sebbene il sognatore lucido sia consapevole della condizione di indipendenza tra le due realtà, a volte se ne dimentica e i suoi ragionamenti si fanno contraddittori.

La qualità emotiva dei sogni lucidi è molto variabile comprendendo un estremo di assenza completa di emozioni, fino all’estremo opposto dove può essere presente una intensa eccitazione ed emozioni di gioia o sorpresa, come anche emozioni estremamente penose di paura o rabbia.

Il mondo sperimentato nei sogni lucidi è molto simile al mondo reale, o, meglio, al mondo come viene sperimentato durante la veglia. Sebbene il sogno lucido inizi sovente con il divenire consapevoli di una palese incongruenza, questa, una volta rilevata ed essendo avvenuto così il passaggio alla “lucidità”, tende a scomparire. Le sole stranezze del mondo dei sogni lucidi sono quasi sempre le nuove abilità del sognatore come ad esempio la capacità di volare o di attraversare gli oggetti, abilità che sarebbero nel mondo reale denominate “fenomeni psicocinetici”, dunque gli oggetti e i personaggi mantengono una loro stabilità e realtà e non si trasformano in qualcosa di diverso con la disinvoltura con cui ciò avviene nei sogni consueti.

Volare è una componente del sogno lucido molto spesso rilevata da coloro che ne hanno vissuto e descritto l’esperienza. A volte il poter volare rappresenta proprio il discrimine che permette di stabilire di star dormendo e di non essere svegli. Il volare, o il galleggiare nell’aria, viene sempre descritta come una esperienza assai piacevole. I sognatori possono aver bisogno di supporti da cui spiccare un balzo, ovvero immaginano di nuotare nell’aria dandosi spinte con braccia e gambe, altre volte si muovono senza trovare resistenza alcuna dirigendosi direttamente dove è loro intenzione andare. Sembra inoltre che l’abilità nel volo sia oggetto di apprendimento attraverso il ripetersi delle esperienze.

Sicuramente questo ramo delle ricerche sul sogno lucido è il più stimolante, se non altro perché ha già promosso un confronto tra psicologia occidentale e psicologia orientale e cioè un tentativo di complementare tra loro due culture che per secoli hanno marciato per conto loro e oggi sentono il bisogno di avvicinarsi e dialogare. Ne è stato un entusiasta promotore Francisco Varela, un notissimo studioso di scienze cognitive, che ha organizzato dei seminari annuali tra il Dalai Lama, i suoi assistenti e vari rappresentanti delle neuroscienze (ma anche fisici, filosofi e uomini di lettere) occidentali nei quali si è proceduto a dei confronti tra le due culture.

Uno di questi incontri è stato proprio dedicato al sogno lucido e alla pratica dello yoga del sogno. Varela mostra nei suoi scritti la profonda influenza che ha avuto su di lui il pensiero buddista e, in particolare, l’importanza dei concetti di vacuità, illusorietà e impermanenza della realtà perché descrivono un’organizzazione del pensiero e un’organizzazione della coscienza cui le scienze cognitive, anche grazie al suo lavoro, stanno giungendo in questi anni. In breve, tale punto nodale è riassunto dalla bella definizione che della realtà dà Gerard Edelman come un “presente ricordato”, nel senso che qualunque segnale sensoriale, per esempio un suono, appena giunto nel cervello, per essere riconosciuto deve essere confrontato con i segnali consimili contenuti nella memoria così che se non ci fosse memoria non ci potrebbe essere “il presente” e neppure la coscienza.

Nel sogno lucido si assiste alla singolare fusione della coscienza e dell’inconscio su un unico piano di realtà, visto che è proprio quando la coscienza tende a presentare direttamente i propri contenuti all’inconscio che si ha il sogno lucido.

Sono state sviluppate diverse tecniche, di cui si parlerà in un prossimo articolo, per raggiungere e mantenere la lucidità nel sogno; la Green, Garfield, Laberge, Norbu, Castaneda, Williams e molti altri hanno descritto gli esercizi per raggiungere la “lucidità nel sogno”, nell’auspicio di un incontro tra due mondi, conscio ed inconscio, ritenuti da sempre in conflitto.

Il “sognare lucido”, come lo stato meditativo, la trance ipnotica, sembrano rappresentare un punto di incontro tra questi due mondi e allo stesso tempo aprono nuovi orizzonti sull’universo indefinibile della psiche umana.

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