Per molto tempo la psicologia dell’affettività è stata contrapposta a quella cognitiva e dell’intelligenza; le emozioni erano considerate risposte primitive che gli individui utilizzavano in situazioni che non riuscivano a controllare tramite risposte più evolute quali riflessione e ragionamento.
In qualsiasi situazione ed attività quotidiana possiamo identificare nel nostro vissuto una componente emotiva.
Ci possono essere variazioni nell’intensità, nel tipo di emozione prevalente, ma è raro che la nostra esperienza sia del tutto neutra. Inoltre non si può ignorare l’intervento dello funzioni psichiche superiori che orientano e controllano il comportamento emozionale.
Non esiste un’unica teoria sistemica e completa delle emozioni. Risulta, quindi, difficile formulare una definizione univoca. In linea generale, potremmo definirla come una reazione avente valore adattivo, determinata da esperienze piacevoli o spiacevoli, caratterizzata da peculiari reazioni somatiche e da determinate qualità affettive o come il prodotto dell’interazione tra modificazioni fisiologiche e processi psicologici” (Camaioni, 1993) che regolano i comportamenti sociali ed interpersonali.
Il collegamento delle emozioni con le motivazioni sta nella potenzialità che hanno le emozioni di modificare la relazione tra organismo e ambiente. Se infatti le motivazioni sono le spinte che ci muovono per il raggiungimento di uno scopo, le emozioni sono collegate a come il comportamento, attivato dalla m. sia responsabile delle espressioni e del vissuto soggettivo.

Di fronte all’assenza di una teoria sistematica e completa sulle emozioni, le varie teorie si sono via, via occupate di aspetti specifici del fenomeno (le emozioni hanno più componenti, ma ognuno ne prende in considerazione una sola: fisiologica, espressivo-motoria ecc…). Appare dunque necessario conoscere i diversi orientamenti teorici per avere una visione completa.
La Filosofia razionalistica del XVII sec.: l’emozione era visto come un fattore di distorsione, di disturbo del comportamento razionale ed era priva di interesse scientifico.
Darwin: portò una visione rivoluzionaria. L’emozione ha funzione di adattamento fondamentale per la sopravvivenza, la loro natura è biologica e innata; in quanto tali le espressioni emotive sarebbero universali e non variabili culturalmente.
Con Freud invece si ebbe una rivalutazione delle emozioni e degli affetti, per lui erano la chiave d’indagine della psiche umana, gli elementi fondanti della struttura della personalità.
Gli studiosi d’ origine cognitiva sottolineano invece la funzione di modificazione dell’attività cognitiva, ad esempio l’interruzione dell’esecuzione dei piani in corso e il riorientamento della condotta con la segnalazione di nuove priorità.
In passato vi sono state accese polemiche circa il ruolo e l’importanza che gli aspetti espressivo-motori da un lato e quelli valutativi, cognitivi ed esperienziali dall’altro, assumono nella definizione delle emozioni: in ordine storico è il dibattito che ha visto contrapposte le ipotesi di James-Lange e di Cannon-Bard
La prima teoria chiara e coerente sull’emozione è stata la teoria di James-Lange, la quale affermava che, contrariamente al senso comune, erano le componenti espressivo-motorie (ad es. la fuga) ad attivare, e quindi a precedere, gli elementi di valutazione cognitiva ed esperienziale (paura). In altri termini, quando nell’ambiente si verifica un avvenimento emotivamente rilevante, questo provoca un’attivazione fisiologica (arousal) a livello periferico la cui percezione da parte dell’individuo dà luogo all’esperienza emotiva.
Questa teoria ha visto in Hohmann un più recente sostenitore: egli aveva notato che soggetti con aree del corpo paralizzate mostravano una diminuita capacità di provare emozioni e ne deduceva che il deficit motorio producesse un’influenza diretta sugli aspetti cognitivi.
La teoria di Cannon-Bard, all’opposto, affermava che era la percezione degli stimoli ad attivare l’ipotalamo, il quale, a sua volta, provocava modificazioni somatiche e comportamentali. I centri di attivazione, controllo e regolazione delle emozioni sono localizzati a livello centrale, nella regione talamica. I segnali nervosi provenienti da essa infatti, sarebbero in grado di provocare l’attivazione delle risposte espressivo-motorie e del sistema viscerale, sia di dare luogo all’esperienza soggettiva tramite le sue connessioni con la corteccia cerebrale. Secondo questi autori, le modificazioni somatiche successive ad uno stimolo emotigeno avrebbero dei tempi di comparsa eccessivamente lenti per pensare che possano precedere la valutazione cognitiva del medesimo; l’induzione artificiale mediante sostanze chimiche di risposte fisiologiche tipiche di emozioni estreme non produce l’esperienza di quelle stesse emozioni (Maranon, poi Schachter e Singer).
Tale teoria fu supportata da ricerche successive che individuarono zone cerebrali deputate all’attivazione e al controllo dei processi emotivi (1937 circuito di Papez/1949 sistema libico di Mc Lean)
Tuttavia, altri ricercatori hanno a loro volta evidenziato sperimentalmente che spesso alcune reazioni del sistema nervoso autonomo s’instaurano ancora prima che il soggetto percepisca soggettivamente un’emozione.
Oggi, definire un primato di una delle due componenti dell’emozione sull’altra risulta un problema superato: si tende piuttosto a connotare le emozioni secondo livelli di complessità diversi, tali da richiedere di volta in volta una maggiore attivazione cognitiva (vergogna), oppure una maggiore attivazione motoria (paura).
L’ approccio Comportamentista di  Watson non si occupa dell’elemento soggettivo delle emozione ma piuttosto delle azioni legate alle emozioni. Osservando i neonati ha individuato tre comportamenti emotivi del neonato: amore, ira, paura, emozioni di base dell’individuo che, attraverso condizionamenti (apprendimento) si moltiplicano e si diversificano con lo sviluppo.
Seguendo l’approccio evoluzionistico di Darwin i suoi successori hanno sottolineato la continuità e la somiglianza delle espressioni emotive umane con quelle del mondo animale sostenendo che le emozioni sono risposte adattive innate uguali in tutte le culture e indipendenti dall’apprendimento (studi sull’espressività dei bb. Ciechi) Appartengono a tale approccio gli studi di Ekman che propongono una differenziazione categoriale delle emozioni viste come stati discreti, universali, innati. Per Ekman le emozioni sono solo 6: rabbia, disgusto, paura, tristezza, felicità e sorpresa. Ekman in alcune ricerche mostrò  la sostanziale universalità espressiva di alcune emozioni ma da ciò non si può estrapolarne l’identità e la sovrapponibilità del loro significato personale.
Al contrario Lazarus, adottando una prospettiva cognitivo-fenomenologica evidenzia il primato dei processi cognitivi (pensiero, memoria.) come aspetti causali della risposta emozionale. Le Emozioni sono stati organizzati e complessi che consistono in valutazioni cognitive, reazioni somatiche, impulsi di azione, ed ogni tipo di emozione nasce da configurazione diverse di queste componenti. Egli ritiene che una sia pur minima elaborazione della valenza e della rilevanza per gli scopi sia indispensabile perché si produca una reazione emotiva.  Contrario all’idea delle emozioni universali e innate, sostiene che le emozioni fondamentali siano alcune combinazioni essenziali di diverse componenti di base come interpretazione, valutazione ecc…. Le emozioni non sono semplici risposte a stimoli situazionali ma rispecchiano le implicazioni personali, le sue conoscenze, la sua esperienza passata. L’emozione è attivata dalla valutazione cognitiva da parte dell’individuo degli effetti che le circostanze produrranno nel suo benessere. Il risultato di ciò, modella e organizza le altre componenti della risposta emozionale come l’espressione facciale, il vissuto, la tendenza all’azione.
Scherer considera le emozioni come generate da un processo incessante di valutazione degli stimoli, valutazione che avviene attraverso la successione in sequenza di molti controlli (check); ogni controllo produce a sua volta cambiamenti corrispondenti ai vari sottosistemi che definiscono le risposte emozionali.  Il merito di Scherer è l’aver visto l’emozione come una costruzione complessa che prende forma nel tempo e alla quale concorrono diverse componenti. Le emozioni in tale ottica sono come un sistema di informazioni ovvero uno scambio tra organismo e ambiente. L’informazione in entrata passa attraverso una serie di controlli nel momento in cui viene accolta dall’organismo che funge un po’ come un computer che prima di mettersi in moto compie una serie di controlli sull’informazione. I 5 tipi di controllo sono: controllo e novità dello stimolo, piacevolezza o meno dello stesso, importanza rispetto obiettivi e bisogni, affrontare-controllare e compatibilità dello stimolo con il concetto di sé e le norme sociali. Tutto ciò costituisce i gradi diversi, l’articolazione e la complessità dell’esperienza emotiva e riflettono un diverso coinvolgimento cognitivo.
Le emozioni hanno diverse funzioni:

  • La valutazione in termini cognitivi degli stimoli ambientali (componente cognitiva)
  • Un’attivazione del sistema nervoso centrale, autonomo, endocrino (componente fisiologica)
  • Un’espressione corporea, vocale e mimico-facciale (componente espressivo-motoria)
  • Una riflessione soggettiva sull’esperienza ed un vissuto emozionale, con un’attribuzione di nomi a specifici stati emotivi (componente soggettiva o dell’esperienza emozionale)
  • Una predisposizione ad agire, ad elaborare piani per realizzare scopi e soddisfare bisogni (componente motivazionale).

Canestrari dice che un’emozione può essere motivante (es. la paura motiva all’evitamento dello stimolo nocivo) quindi la motivazione è condizione dell’emozione (es. motivazione al successo). Nell’Emozione  comunque  l’espressione è eminentemente affettiva, mentre nella motivazione prevale l’espressione diretta, attiva.
Oggi motivazione ed emozione sono stati studiati in maniera congiunta e si è trovato che l’emozione media tra esigenze ambientali e individuali.
L’impostazione odierna sostiene che il collegamento tra emozione e motivazione è nella potenzialità dell’emozione di modificare il rapporto tra individuo e ambiente.
Tradizionalmente si definiva la motivazione come eccitazione organizzata, finalizzata e l’emotività come un’eccitazione disorganizzata, non strutturata in una strategia ciò contribuì a connotare negativamente quest’ultima come “irrazionale” e come fonte di disturbo rispetto al conseguimento degli obiettivi.
La funzionalità delle emozioni alla sopravvivenza risulta chiara nei bambini: questi utilizzano il pianto, il sorriso, le reazioni di paura o disgusto, per attivare chi si prende cura di loro e per solidificare il rapporto con gli oggetti relazionali primari (Spitz ha dimostrato la risposta del sorriso nei bambini di tre mesi di fronte ad una figura in cui siano riconoscibili gli attributi umani, posta in posizione frontale).
Più in generale, si possono a volte presentare delle situazioni di pericolo o emergenza che necessitano di essere gestite con urgenza ed immediatezza: in quei casi, il presentarsi di emozioni quali la paura o l’angoscia è funzionale alla risoluzione del problema in tempi brevi.
E’ altrettanto vero che talora la reazione emozionale può essere eccessiva ed esagerata rispetto alla gravità della situazione e può cronicizzarsi come nel caso dei sintomi fobici e della depressione. Inoltre alti livelli di attivazione emozionale possono avere un effetto negativo su l’ esecuzione compito o  sul raggiungimento di un obiettivo. Altre volte si può assistere a dei fenomeni negativi di contagio emotivo, come nei casi di alcuni comportamenti collettivi (sommosse, risse) in cui l’emozione viene sollecitata, esibita e fomentata dalla condizione dell’essere in gruppo.
La relazione esistente tra emozioni e motivazione viene testimoniata anche nella teorizzazione di Goleman; nel concetto di “intelligenza emotiva” viene individuata un’abilità “emotiva” propria dell’individuo, ovvero quella di riconoscere, regolare e controllare le proprie emozioni, che permetterebbe e si integrerebbe a sua volta, sia con la capacità di sapersi motivare in modo più chiaro e consapevole (pianificare, rimandare la frustrazione, avere chiari gli scopi da perseguire, ecc.), sia con la capacità di gestire le relazioni sociali ed i contatti con gli altri individui (riconoscere le emozioni altrui e condividerle).
Le emozioni subiscono notevoli cambiamenti dalla nascita alla maturità. All’inizio sono simili per tutti, con il tempo in seguito alla maturazione e all’ambiente, ciascun individuo acquista nell’espressione delle emozioni uno stile personale.
Le emozioni nei primi anni di vita assolvono la funzione di adattamento e integrazione con l’ambiente. Infatti grazie alla capacità di manifestare le proprie esperienze interne fin dall’inizio interagisce con l’ambiente. Ciò è presente fin dalla seconda settimana di gestazione: il feto è in grado di discriminare gli stimoli esterni uditivi e visivi; ciò da ragione della precoce risposta emotiva agli stimoli esterni dopo la nascita: il neonato mostra infatti un’attenzione preferenziale alla voce della madre e comunque a voci femminili.
Le prime settimane sono caratterizzate dall’immaturità delle funzioni percettivo motorie: il neonato non interagisce con l’ambiente in modo autonomo e deve compensare fame ed altre alterazioni dell’omeostasi. Con lo sviluppo successivo delle capacità percettive-motorie insieme all’esplorazione indipendente dell’ambiente si ha l’emozione della paura. In seguito con l’esplorazione e l’evolversi del comportamento intenzionale si avrà l’espressione emozionale della felicità per le nuove scoperte e i successi e la rabbia per le frustrazioni e gli insuccessi.
Secondi psicologi di orientamento cognitivista le emozioni sono attivate da una valutazione cognitiva. Il termine Appraisal è stato introdotto da Arnold (1960) che lo definì come un elemento che completa la percezione permettendo di valutare in modo immediato automatico involontario la presenza o meno di un oggetto la sua positività o negatività, inoltre produce la tendenza a fare qualcosa.
Tale tendenza all’azione è vissuta come emozione, si esprime in modificazioni importanti per l’organismo e può dar luogo a vere e proprie azioni manifeste. Ad oggi gli studiosi sono maggiormente orientati a specificare la natura dei processi cognitivi implicati nella valutazione dell’informazione emotivamente rilevante.
Per la teoria dell’ Appraisal le emozioni sono fondamentali fenomeni adattivi con funzioni autoregolative:
A) regolare l’attenzione: la risposta emotiva monitora l’ambiente per l’individuazione di eventi importanti e mettere in allerta il sè conscio.
B) funzione motivazionale: cioè la risposta emotiva prepara l’individuo e lo motiva ad affrontare l’evento che ha provocato l’emozione.
Rispetto a queste due precise funzioni vengono distinti due tipi di elaborazione.
La funzione regolativa dell’attenzione utilizza il processamento “schematico” che trova un esempio nel priming. Si tratta di processi veloci e automatici che attivano diversi tipi di memoria in parallelo, operano fuori dalla consapevolezza, richiedono poca attenzione e non dipendono dalla volontà. Non dipendono necessariamente dall’informazione verbale ma anche uditiva, visiva ecc…..qualunque indizio (cue) cioè può fungere da facilitatore (primer).
La funzione motivazionale invece, opera con elaborazione concettuale. È questo un processo cosciente funziona sequenzialmente e richiede maggiore attenzione. È esclusivamente verbale.
Le emozioni possono essere considerate come dei segnali che indicano la necessità di prepararsi all’azione per far fronte ad un’emergenza dell’ambiente: impulsi ad agire “azioni mentali”. Queste possono essere inibite qualora il controllo abbia esito negativo. Concetto analogo è quello di coping che indica le strategie con cui l’individuo affronta la situazione emotiva (Lazarus). Di fronte ad un problema che provoca in noi una risposta emotiva possiamo cercare di affrontarlo utilizzando una strategia focalizzata su di esso: lo affrontiamo. Se ciò non è possibile possiamo cercare di controllare gli effetti negativi di una reazione emotiva troppo intensa attraverso varie strategie di coping (Lazarus e Folkman) 1984: accettare il confronto, prendere le distanze ;auto-controllarsi;cercare il sostegno sociale;accettare la responsabilità;fuggire;pianificare la soluzione; rivalutarsi positivamente
Infine Hoch- schild ha definito le emotion work: strategie con le quali gli individui si sforzano di assumere l’atteggiamento emotivo più appropriato alle diverse situazioni sociali  oppure connesse al ruolo esercitato.
L’emozione è il frutto della discrepanza tra un dato evento e le aspettative collegate ai nostri scopi e interessi. Quando c’è discrepanza l’emozione, vista come un sistema di segnalazione interna, mobilizza le risorse attentive su ciò che è significato o predittivo della discrepanza. Secondo Easterbrook, un elevato arousal provoca un restringimento dell’attenzione e minor sensibilità agli altri stimoli quindi si può perdere informazione importante. Ma l’emozione può influenzare il ricordo tramite gli effetti di “stato dipendenza”  e di “congruenza” nel modello delle rete associativa. Le emozioni sono i nodi centrali di una rete connessi alle idee collegate agli eventi con la stessa valenza all’attività neurovegetative a pattern espressivi. Il nuovo stimolo è associato ai nodi attivi in quel momento, quindi secondo lo stato affettivo lo stimolo è legato ad un certo nodo.
L’oggetto di stato-dipendenza si basa sull’accoppiamento dell’emozione al momento dell’apprendimento e al recupero.
L’effetto di congruenza invece sulla coerenza tra la valenza affettiva dello stimolo in quel momento dell’azione e lo stato affettivo al recupero.
Altri studi però suggeriscono che a determinare proprietà di elaborazione e di allocazione dell’attenzione debba intendersi il riferimento all’interesse attivo più che la mera valenza emotiva. Alcune ricerche vollero verificare l’ipotesi sulla rimozione di freud: venne chiesto a dei soggetti normali di produrre delle associazioni a parole che potevano essere emozionali o neutre. Si trovò che ci voleva maggior tempo a trovare le associazioni per i termini emozionali e meno facilmente a distanza di tempo ricordavano le parole associate a questi termini. Altre prove mostrarono un effetto inverso: se nella rievocazione immediata ricordavano peggio le parole emozionali in quella differita le ricordavano meglio. Ciò nonostante sono diversi i casi di amnesia psicogena cioè alto deterioramento con esperienze emotive intense. È possibile ricordare l’emozione (il trauma) senza le caratteristiche dell’evento. Un’altra via attraverso la quale l’emozione può influenzare la memoria è quella della reiterazione del ricordo: le emozioni intense danno luogo a una insistita riattivazione dell’evento nella memoria di lavoro che dà luogo ad un consolidamento del ricordo.
È ben documentato che gli eventi emotivamente intensi persistono nel tempo dando luogo a frequenti rievocazioni intra-individuali (ruminazione) interpersonale (condivisione sociale) e che ciò è legato all’intensità dell’evento emotivo. Finchè non viene elaborato il vissuto emotivo, il ricordo continua a riproporsi in modo intrusivo.
Comunicare un’emozione produce oltre al sostegno intimità interpersonale ecc…. anche importanti effetti cognitivi: l’uso del linguaggio, la traduzione dell’esperienza emotiva, ne determinano la progressiva articolazione concorrendo a strutturare la propria conoscenza emozionale (script emozionali). I prototipi di un’emozione non sono descrivibili in termini di liste positive o negative tipiche di caratteristiche come per gli oggetti ma come script prototipici che cioè illustrano le sequenze tipiche degli episodi emozionali. Gli episodi emotivi sono rappresentati cognitivamente come degli script. Essi strutturano la nostra conoscenza emotiva e costituiscono una chiave per capire le emozioni ma anche per guidare i nostri comportamenti.
Collegandosi al concetto di diversi livelli di complessità delle emozioni, si possono distinguere le emozioni primarie o di base da quelle secondarie o sociali.
Secondo Ekman, le prime sono innate o apprese nei primi mesi di vita; sorgono al di là del controllo e dell’intenzionalità del soggetto; si presentano rapidamente ed altrettanto rapidamente scompaiono; hanno un carattere di universalità, in quanto le espressioni facciali ad esse relative valgono ed hanno lo stesso significato per tutti gli esseri umani, a prescindere dalla cultura di appartenenza e dal sesso.
A partire da quelli di Ekman (alcuni dei quali realizzati su popolazioni del Borneo e della Nuova Guinea), numerosi altri studi sono stati condotti per individuare quali esattamente fossero le emozioni universali.
Esiste un accordo comune almeno per cinque di esse: paura, felicità, rabbia, tristezza, disgusto.
Le emozioni secondarie (es., orgoglio, colpa, imbarazzo, invidia) provengono, secondo Lewis, dalla capacità introspettiva ed autovalutativa dell’Io e dalla valutazione del peso delle norme sociali: sarebbero pertanto tipicamente umane.
In riferimento al dibattito sul primato di una delle due componenti dell’emozione e ai livelli di complessità della stessa, Frijda parla di “precedenza del controllo”, ovvero di come, per le emozioni primarie esistano schemi comportamentali che vengono valutati in blocco dall’organismo e quindi permettono un’esecuzione in tempi molto brevi, mentre per le emozioni secondarie, più complesse, questo meccanismo non potrebbe essere attuato con le stesse dinamiche.
Le emozioni secondarie vengono descritte anche in termini di “sentimenti”. I sentimenti si distinguerebbero dalle emozioni, in quanto meno immediati ed a breve termine rispetto ad esse; ovvero, mentre le risposte emotive sarebbero momentanee e si esaurirebbero con l’esaurirsi dello stimolo e delle azioni ad esso collegate, i sentimenti sarebbero affetti interiorizzati e trasformati in patrimonio interno e stabile degli individui.
Le emozioni sono al centro di vari campi d’applicazione ed assumono di volta in volta significati diversi all’interno dei vari modelli teorici.
L’approccio comportamentista propone la possibilità del trattamento delle emozioni esagerate e disfunzionali alla base fobie tramite le tecniche di decondizionamento: ad esempio, nella desensibilizzazione sistematica, lo stimolo fobico viene gradualmente presentato al soggetto durante uno stato di rilassamento e venendo progressivamente associato dal soggetto alle tecniche corporee piacevoli, perde le sue connotazioni negative.
La tradizione psicoanalitica classica evidenzia come l’inaccettabilità di alcune emozioni porti all’instaurarsi dei meccanismi di difesa e dei sintomi.
Il legame tra emozioni e modificazioni somatiche è campo d’interesse della Psicosomatica.Qualora gli stati emotivi non vengano adeguatamente elaborati a livello psicologico, possono alterare le funzioni somatiche fino a determinare vere e proprie lesioni organiche. Il concetto di “alessitimia”, introdotto da Nemiah e Sifneos, indica proprio la difficoltà del soggetto nell’individuare e verbalizzare i sentimenti; tra gli attuali strumenti utilizzati per misurare tale costrutto, la Toronto Alexithymia Scale (TAS 20) di Taylor risulta uno dei più accreditati.
La “tecnica della scrittura” di Pennebaker, applicata soprattutto agli eventi traumatici, consiste invece nella possibilità di contrastare l’inibizione della comunicazione emotiva riguardo a questi, appunto mediante la scrittura dei pensieri e dei vissuti che un certo evento ha provocato.
Strumenti
Nell’ambito giuridico assumono una particolare importanze le condizioni di esposizione all’evento e le caratteristiche disposizionali del testimone in quanto possono falsare la percezione di quanto accade. Alcuni ritengono che l’emozione danneggi la memoria provocando amnesie retrograde da cui non è possibile recuperare il materiale originario. Altri che sia possibile recuperare anche a distanza di molti anni. La reiterazione post-evento può incidere sul ricordo tendendo a semplificare il ricordo e a renderlo coerente con l’esperienza abituale preservandone il nocciolo.
Le emozioni possono essere indagate attraverso il metodo sperimentale e osservativo o attraverso il colloquio clinico.Al di là di ciò che viene comunicato verbalmente dal paziente, è importante osservare tutto ciò che entra a far parte del non-verbale. Nel colloquio, anche per esplorare il livello emozionale è molto importante l’empatia. Paradossalmente essa richiede sia partecipazione che distacco. Ci deve essere identificazione, fusione di se stessi con l’altro, fino a sentire “come se” si fosse l’altro.
In campo clinico è importante osservare la congruenza tra il vissuto emotivo che l’individuo mostra e quello che comunica verbalmente, per analizzare la gravità della patologia ed il livello di realtà. L’indice di congruenza tra stato emotivo e codice verbale viene utilizzato come indice diagnostico della gravità della patologia, del contatto con la realtà e del modo in cui la persona si relaziona a se stessa. Talvolta, infatti, il paziente non mostra la giusta rilevanza e qualità emotiva rispetto agli eventi. In qualsiasi ambito lo psicologo lavori (clinico, scolastico-evolutivo ecc) interagisce sempre con delle categorie emozionali. Si può trattare di eventi emotivi positivi, negativi, semplici o complessi ma comunque le categorie emozionali fanno sempre parte della materia prima del lavoro dello psicologo, dello psicoterapeuta e dello psichiatra.

Fonte: (Riassunto da) “Psicologo verso la professione” , P.Moderato-F. Rovetto; ed. Mc Graw Hill

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