Gli esseri umani non vivono solo nel mondo oggettivo né solo nel mondo dell’attività sociale. (…) Noi vediamo, udiamo e abbiamo esperienze sensibili così e non altrimenti perché le abitudini linguistiche della nostra società ci predispongono a certe scelte d’interpretazione.”
E. Sapir

LETTERALE E METAFORICO
 Sin da bambini ci è stato insegnato che esistono due tipi fondamentali di linguaggio, uno letterale e uno metaforico. Ogni scolaretto impara che è possibile esprimere uno stesso contenuto ora con la prima modalità, ora con la seconda, ma che se si vuole essere “veri”, “precisi” ed “oggettivi” occorre utilizzare quella letterale. Infatti questa sarebbe prerogativa della scienza, di un parlare esatto, mentre l’altra rappresenterebbe la materia prima di artisti, poeti, sognatori.

Ad esempio sia l’espressione “Sono innamorato di te” che “Mi piaci da morire” significano e sono adatte a comunicare uno stesso sentimento di trasporto amoroso; l’unica differenza tra loro starebbe nel fatto che, mentre la prima lo esprime direttamente, con parole “proprie” e adeguate, la seconda lo fa in modo immaginativo, colorato, evocativo, sicuramente esagerato. Se esaminiamo più a fondo il nostro linguaggio, tuttavia, scopriamo che il parlare quotidiano è pregno di espressioni e immagini metaforiche che la consuetudine ci porta ad utilizzare come se fossero letterali.

A titolo esemplificativo si pensi al tempo che si afferra, si usa, si spreca, si possiede o è lungo, molto, pesante, lento; le idee maturano, l’amore si conquista, un problema è profondamente radicato. Ancora, certi pensieri sono difficili da sradicare, i discorsi sono fatti di fili da seguire, una persona può essere elastica o rigida. Questi sono solo alcuni dei modi con cui si parla comunemente: si potrebbe continuare per pagine, coinvolgendo qualsiasi attività, sentimento e comportamento umani. Anche nel linguaggio delle discipline psicologiche si possono scovare espressioni metaforiche di questo tipo: dai magazzini della memoria alla fragilità del Sé, dalle difese psichiche evolute e primitive, alle personalità multiple, dal serbatoio attentivo all’umore depresso.

Queste ed altre espressioni individuate da Lakoff e Johnson (1980) sono metaforiche; tuttavia, nella quotidianità delle pratiche discorsive in cui vengono prodotte, è probabile che i loro contenuti non vengano riconosciuti come analogici da parte di chi parla o ascolta, ma che sembrino un oggettivo riflesso della realtà, letterali appunto. Questo procedimento è talmente pervasivo della struttura della conoscenza umana da renderli modi normali e appropriati di parlare del tempo, dell’amore, delle idee, della memoria e della psiche: “metaphor we live by” affermano gi autori nel titolo, ovvero noi viviamo attraverso le metafore.

METAPHOR WE LIVE BY
Le persone fanno esperienza e capiscono i concetti poco delineati, in primis quelli non materiali, nei termini di altri concetti più definiti e concreti, cioè utilizzando delle metafore; la loro funzione è quella di trasferire la struttura e il significato propri di un certo dominio concettuale in un altro, creando un’analogia tra i due.

Etimologicamente, infatti, “metafora” fa riferimento ad una struttura che connette: dal greco “meta-fero” che significa “portare oltre”, “portare al di là”, la parola designa un’operazione attiva di traslazione (in latino il verbo corrispondente è translatio) del significato dal proprio campo originario. In questo modo anche ciò che è sconosciuto o che appare indefinito può essere concettualizzato nei termini di qualcosa di conosciuto o di più concreto. Ad esempio è possibile paragonare un evento mentale non materiale -l’idea- ad uno fisico e quotidiano -il cibo- e stabilire quelle corrispondenze che rendono possibile comprendere nei termini della digestione alcuni processi psicologici altrimenti inafferrabili.

Da questo momento in poi essi diventano veri e propri “oggetti” da spezzettare, inghiottire, assimilare, tanto che si può affermare di non digerire una certa idea, che è buona o che bisogna buttarla giù in fretta perché troppo amara. Si noti che l’analogia non rappresenta le proprietà intrinseche delle idee, ma si limita a “trasferire” (meta-fero) quelle proprietà e quei significati appartenenti alla sfera della nutrizione necessari a rendere il pensiero rappresentabile e comprensibile in questi termini. Ben lungi dal’essere un semplice artificio stilistico, la metafora come forma linguistica rispecchierebbe allora uno specifico modo di rappresentare, di pensare e di agire.

Da un’analisi delle forme linguistiche che si utilizzano quotidianamente nei vari campi dell’attività e della conoscenza umane, Lakoff e Johnson mettono in luce che esistono dei modelli metaforici generali in base a cui le persone strutturano eventi ed esperienze e, a partire da questa conoscenza, svolgono ogni tipo di operazione: dalla formulazione di modelli scientifici, finalizzati all’interpretazione di vari fenomeni, alle banali azioni quotidiane. Si consideri ad esempio l’espressione “Il tempo è denaro”.

Tale meta-metafora contiene un modo specifico di concettualizzare il tempo e si riflette nel linguaggio quotidiano in molte forme: “con la scorciatoia risparmi almeno dieci minuti”; “hai un momento?”; “mi conceda un minuto”; “ha rubato tre anni della mia vita”; “ho investito negli studi un mucchio di tempo con profitto”; “non c’è un istante da perdere” e così via. La costante che si ritrova in tutte queste frasi è il fatto di utilizzare i termini letteralmente attribuibili al denaro per parlare e concettualizzare qualcosa di inafferrabile come il tempo. Ma c’è di più: poiché l’essenza della metafora è comprendere e vivere un evento nei termini di un altro, il fatto che il tempo sia strutturato nei termini del denaro ha forti implicazioni su come lo si vive e lo si percepisce e, quindi, su come si agisce nei suoi confronti.

Si comprende così perché le persone che utilizzano questa metafora concepiscono e fanno esperienza del loro tempo come di qualcosa che può essere speso, sprecato, investito saggiamente, dissipato, dato, rubato, ovvero si comportano come se stessero maneggiando dei soldi.

L’analogia viene letteralizzata e ricondotta ad un dato oggettivo, tanto che in alcune situazioni anche non direttamente legate ad una produttività economica ci si sente realmente derubati del proprio tempo e se ne pretende il risarcimento; se si ha la sensazione di aver buttato gli anni più belli della propria vita si è assaliti dalla frustrazione e dal rimpianto.

Utilizzando un’altra metafora verrebbero messe in luce sfumature diverse di questo stesso concetto. Dicendo ad esempio che il tempo scorre, passa, sfugge ci si raffigura l’esperienza fluida e soggettiva del “divenire” come un corso d’acqua, esprimendo un determinato modo di vedere la realtà secondo cui il presente sparisce nel passato senza poterlo fermare. Questa possibilità di strutturare e concepire il tempo conduce forse ad averne un’altra esperienza: una corrente non si può bloccare, si può solo lasciarsi trasportare.

CONCLUSIONI

Organizzando gli eventi secondo modelli metaforici, le persone possono categorizzarli, comprenderli e ricordarli in base alla conoscenza che possiedono in altri domini di esperienza; come nel caso dell’analogia tra tempo e denaro, anche le azioni che si compiono possono essere governate da funzioni linguistiche al cui interno opera una concettualizzazione metaforica. In questo modo, secondo Lakoff e Johnson, le metafore strutturano il modo attraverso cui ognuno costruisce la mappa della sua realtà.

BIBLIOGRAFIA
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